8 MARZO 2023, LO SVILUPPO È DONNA

In troppe aree del mondo l’istruzione delle bambine e delle ragazze fa paura, in quanto è lo strumento più efficace per la loro emancipazione

Abbiamo scelto di ricordare così quest’anno la festa della donna: con una riflessione che trae particolarmente spunto da alcuni recenti fatti di cronaca. Si tratta della storia di centinaia di bambine iraniane dai dieci anni in su, finite in ospedale per avvelenamento delle vie respiratorie contratto nelle aule scolastiche. Sembrerebbe impossibile. Invece è successo davvero: nella città di Qom, centro degli studi religiosi sciiti in Iran, e nella città di Borujerd. A rendere ufficiale quello che era un sospetto, è stato il viceministro della Salute Younes Panahi, che ha ammesso che l’avvelenamento è stato intenzionale e «che alcune persone volevano chiudere le scuole, specialmente le scuole femminili».

Il nesso con la rivolta delle ragazze iraniane scese in questi mesi in piazza contro le violenze commesse dalla polizia morale non potrebbe essere più chiaro, visto che l’opposizione politica al regime degli ayatollah si forma in gran parte nelle scuole e nelle università. Meglio allora non correre il rischio che le ragazze acquistino consapevolezza dei loro diritti e si facciano parte attiva nella vita politica, sociale ed economica del loro Paese. Meglio mantenere i loro cervelli nell’ignoranza negando loro l’accesso all’istruzione.

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Il pensiero va inevitabilmente a quel che sta succedendo in Afghanistan, da quando i talebani hanno ripreso il controllo del potere. L’UNESCO, che ha dedicato la Giornata internazionale dell’educazione 2023 alle donne afghane, ha fornito in proposito dati illuminanti: dal 2001 al 2021 il numero delle bambine a scuola era passato da zero a due milioni e mezzo, nelle scuole superiori si era passati da 5.000 a 100.000 allieve e una giovane su tre frequentava l’università, mentre allo stato attuale è stato sospeso l’accesso all’istruzione per 2,5 milioni di ragazze afghane, cioè l’80% delle donne in età scolare.

E come dimenticare le tante tristi imprese del gruppo terrorista islamico Boko Haram contro le scuole, specie quelle femminili, in Nigeria? Quando nel 2018 vennero rilasciate 110 studentesse rapite dal  Collegio statale femminile di scienze e tecnica di Dapchi, l’organizzazione lanciò un monito: “non mandate più nessuna giovane a scuola”.

Ancora una volta c’è chi ha visto l’istruzione delle donne come uno strumento di emancipazione ed evoluzione da contrastare con tutti i mezzi, perché grande è la paura che fanno le potenzialità delle donne a un mondo arroccato in difesa dei privilegi maschili, complici spesso un fanatismo religioso e una cultura fortemente patriarcale che considerano la donna solo come uno strumento di riproduzione e di cura al servizio esclusivo dell’uomo. Tutto ciò non può che rafforzare nell’OPAM il convincimento che i nostri sforzi nel sostenere l’istruzione di bambine e ragazze vadano sempre più sostenuti.