SCANDALO GEOLOGICO NEL CUORE DELL’AFRICA

Nel Paese più ricco del mondo, bambini a letto a stomaco vuoto

di don Robert Kasereka Ngongi

La Repubblica Democratica del Congo è un Paese che molti definiscono, a ragione, uno “scandalo geologico“, direi un Paese dalle contraddizioni scandalose perché, se da una parte vi puoi trovare tutto quello che ti serve in termini di materie prime, dall’altra parte oltre il 50% della popolazione vive – tutt’oggi – in uno stato di povertà assoluta e di estrema marginalità. È un territorio immenso, il secondo Paese dell’Africa per estensione, grande sette volte l’Italia, popolato da circa 90 milioni di persone. È un territorio così ricco che neppure sfamando l’Europa intera riuscirebbe ad esaurire le sue riserve naturali. Peter Musoko, rappresentante del PAM (Programma Alimentare Mondiale) in Congo diceva con sgomento ad aprile scorso: “Questo Paese dovrebbe riuscire a sfamare la propria popolazione e ad esportare il surplus. Non si possono avere bambini che vanno a letto a stomaco vuoto e famiglie che saltano pasti per l’intera giornata”. E invece, purtroppo, questo è proprio quello che accade. Ecco perché le contraddizioni di questo Paese sono davvero scandalose.

Un giorno a Kolwezi nella parte sud-est, un poliziotto, Kavangh Michael, scavando nel cortile di casa sua per costruire una nuova latrina trovò, poco sotto, un cumulo di cobalto. Il cobalto è un componente essenziale delle batterie ricaricabili delle automobili e dei telefoni cellulari. La rivoluzione dell’auto elettrica in corso sarà possibile grazie a questo minerale raro, di cui la Repubblica Democratica del Congo detiene circa la metà di tutte le riserve conosciute nel mondo. Eppure, lo sfruttamento di questo minerale non produce alcuna ricchezza per la popolazione congolese che lo estrae, perché i vantaggi economici sono concentrati esclusivamente nelle mani di multinazionali occidentali e della Cina con l’appoggio di politici locali che si lasciano facilmente corrompere per sete di denaro e di potere. 

Anche le terre coltivabili sempre più stanno diventando miniere per l’estrazione di cobalto, rame, oro e diamanti. Estensioni improduttive piene di buchi profondi fino a 25 metri, con gravi ripercussioni sulla capacità di sussistenza delle famiglie. Inoltre i bambini abbandonano la scuola per andare a scavare a mani nude la cruda terra e per entrare in questi buchi cercando di portare alla luce un minerale che, una volta estratto, sarà loro pagato una miseria. 

Scavano senza utilizzare presidi di sicurezza, spesso vengono inghiottiti dagli smottamenti della terra e nessuno se ne accorge e nemmeno li cerca. Tuttavia, lo stesso minerale, non appena arriva in un porto internazionale da dove viene trasportato verso il mondo industrializzato là dove serve, acquista un grande valore economico. E a farla da padroni, in questa attività, sono soprattutto le aziende cinesi che si sono accaparrate i diritti di estrazione con concessioni fino a 99 anni senza però assicurare un salario giusto ai minatori, privi di ogni diritto, che lavorano dall’alba al tramonto, sette giorni su sette, che piova o ci sia il sole.

Due settimane fa, dopo un’inchiesta nella regione del Sud Kivu di un giornalista di Radio France Internationale, Alain Foka, il governo della RDC ha dichiarato di non essere a conoscenza di questi sfruttamenti minerari da parte dei cinesi. In pratica, ha ammesso di avere ben poco controllo del suo stesso territorio e di non riuscire a governare la “cosa pubblica”, con la conseguenza che i potenti vi possono fare e vi fanno effettivamente tutto ciò che vogliono. 

Bambini e ragazzi sono sfruttati come manovalanza a basso costo nelle miniere e nelle bande armate per controllare i terreni ricchi dei minerali che interessano alle multinazionali e agli Stati di mezzo mondo che vogliono approfittare delle risorse del Congo. Dal 1996 qui si sta consumando quella che possiamo definire la “prima guerra mondiale d’Africa”.

Una terribile strage, del tutto taciuta. I sette Paesi africani confinanti con il Congo fino al 2003 – data del trattato di Pretoria – si sono contesi pezzi di territorio; e ancora oggi le aeree di più intenso conflitto sono quelle più ricche di risorse naturali. Una guerra che ha provocato più di 6 milioni di morti, la maggior parte per fame e non per armi da fuoco. Il Paese è arretrato di 100 anni. Ma alle aziende minerarie non importa che non esistano servizi ed infrastrutture. A loro non servono le strade. Si muovono con aerei ed elicotteri. Non solo. Paesi come l’Uganda sono diventati improvvisamente esportatori d’oro e il Ruanda del preziosissimo coltan che si trova solo in Congo, nella regione del Kivu, dove si muovono milizie e faccendieri spregiudicati che lo trasportano oltre confine. E mentre il PIL di Kigali, capitale del Rwanda, cresce a dismisura, scandalosamente, la Repubblica Democratica del Congo continua a rimanere in ginocchio. Un gigante dove si trova di tutto:

  • legno
  • rame,
  • cobalto
  • coltan
  • diamanti
  • oro
  • zinco
  • uranio
  • stagno
  • argento
  • carbone
  • manganese
  • tungsteno
  • cadmio
  • petrolio

Materie prime che fanno gola a mezzo mondo e che rappresentano una “condanna a morte” per molti degli abitanti del paese e soprattutto per i più deboli, i bambini e le donne.

Dando un’occhiata nella parte est del Congo, ecco i dati recenti della portata della crisi secondo l’Unicef: più di 100.000 bambini sotto i cinque anni soffrono di malnutrizione acuta grave, una conseguenza diretta dei livelli allarmanti di insicurezza alimentare che colpisce quasi 800.000 persone. Gli attacchi armati agli istituti di formazione hanno lasciato fuori dalla scuola quasi 400.000 bambini dai 6 agli 11 anni, in precedenza emigrati e ritornati nel loro paese nei territori di Djugu, Irumu e Mahagi. Solo una persona su tre nella provincia dell’Ituri ha accesso ai servizi igienici di base. Jean Metenier, coordinatore senior dell’UNICEF per la Repubblica Democratica del Congo orientale ha dichiarato: “Ogni giorno i bambini sono minacciati da una violenza incessante e da gravi violazioni dei diritti, dalle migrazioni, dalla crescente insicurezza alimentare e dalla mancanza di accesso a quasi tutti i servizi di base, compresa la scuola”.

In questo orribile dramma dell’infanzia in Congo, l’OPAM ha cercato di raggiungere i bambini e i ragazzi abbandonati, restituendo loro innanzitutto il diritto all’istruzione, anche attraverso la formazione di maestri di strada.

“Abbracciamoli tutti”, la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi avviata lo scorso Natale, ha visto il primo intervento a favore di oltre 500 bambini e ragazzi di strada in una zona molto povera della periferia di Kinshasa.

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