Insieme per chiedere il diritto alla pace e all’istruzione
Una protesta di giovani come mai si era vista prima nella regione del Nord Kivu, a pochi chilometri da Goma dove lo scorso 22 febbraio è stato assassinato l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, con il suo autista Mustapha Milambo e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Più di 539 studenti, di cui circa 216 ragazze e 223 ragazzi, dalla scuola primaria alla secondaria, dal 21 aprile scorso sono davanti al municipio di Beni per chiedere la pace e l’intervento in presenza, nella regione, del Presidente della Repubblica congolese, prima di riprendere le lezioni. Un sit-in silenzioso ma organizzato e strutturato anche per prevenire eventuali disordini, grazie all’istituzione di commissioni e alla definizione di una disciplina di comportamento condivisa tra i manifestanti. L’Obiettivo è denunciare i continui massacri della popolazione, nonostante la presenza della Missione dell’ONU in Congo (MONUSCO).
Esasperati dalla mancanza di interventi da parte delle istituzioni, gli alunni della regione di Beni in una lettera aperta indirizzata al Capo dello Stato datata lunedì 19 aprile 2021, avevano chiesto allo stesso Félix Tshisekedi di venire in soccorso della popolazione di Beni, entro 72 ore. Scaduto il tempo, mercoledì 21 aprile i ragazzi hanno marciato pacificamente verso il municipio di Beni dove sono attualmente fermi in sit-in.
Vestiti con le magliette e i calzoncini della divisa scolastica, da oltre una settimana durante il giorno stanno tutti seduti a terra, mentre la notte dormono all’aperto su materassi e sedie di fortuna. Solo i più piccoli in tende improvvisate. Tra di loro, infatti, ci sono anche alcuni minori di 10 anni. Chi ha i genitori assicura di avere il loro permesso, alcuni sono orfani proprio a causa dei massacri, altri sono accompagnati da adulti.
Come spiega don Robert Kasereka, Presidente dell’OPAM “con questa pacifica protesta i ragazzi vogliono ricordare al Presidente della Repubblica Democratica del Congo di mantenere le promesse elettorali di un anno fa quando prese l’impegno di fermare i massacri a Beni. La popolazione ha bisogno della sua presenza per poter ritornare a vivere serenamente e in pace. I bambini e i ragazzi di Beni chiedono solo di poter tornare a scuola senza paura, come gli altri bambini del mondo”.
Lizette Kahavo, 22 anni, che vive a Beni dal 2017 accolta qui da una famiglia dopo aver perso i suoi genitori, racconta all’OPAM: “Dovrei essere al terzo anno di studi superiori ma sono ancora in terza media. A causa dei massacri ho dovuto abbandonare la scuola per mancanza di fondi. Mio padre e tre miei fratelli sono stati uccisi. Io ho assistito da un nascondiglio a tutto questo. Voglio che queste uccisioni finiscano. Ho voluto unirmi agli studenti affinché le nostre grida di angoscia possano essere ascoltate dal mondo intero. Sono grata a chi ci sostiene in vari modi in questo momento. La polizia sta qua attorno a noi per proteggerci, mentre è incapace di farlo nei nostri villaggi dove ogni giorno persone innocenti vengono uccise, senza poter contare su alcuna difesa”.